Lanciamo un monito a tutti i genitori affinché vigilino sulla mania da selfie che potrebbe colpire i propri figli, in quanto indice di una potenziale patologia. Si chiamano sensation seeker e sono i cercatori di emozioni forti, disposti anche a correre rischi per ottenerle.
Abbiamo analizzato il fenomeno proprio dei selfie perché spesso siamo difronte ad una mania, altre volte addirittura sembrerebbe nascondersi una vera e propria malattia. Ad affermarlo è un gruppo di ricercatori della Nottingham Trent University e della Thiagarajar School of Management a Madurai in India. A dire degli studi effettuati, questo nuovo disturbo mentale presenta diversi livelli di gravità.
Il primo detto borderline, quello più lieve, chi soffre di selfite si scatta almeno tre selfie al giorno senza pubblicarli sui social network. Invece chi risulti affetto da selfite acuta si fotografa almeno tre volte al giorno e le pubblica sui social, ma ben più grave risulta la selfite cronica fattispecie in cui i selfie diventano vere e proprie ossessioni incontrollabili e ingestibili. Tanto è vero che da ricerche statistiche gli amanti delle reti sociali pubblicano un selfie almeno una volta a settimana, per il 63% una volta al giorno, nel14% dei casi e più volte al giorno, nel 13% dei casi ogni 2/3 ore. La pubblicazione del selfie sul web deve raggiungere il miglior risultato possibile in termini di consensi con like perciò pare che la gran parte degli appassionati scatti almeno 4 selfie prima di procedere alla pubblicazione.
Ci siamo chiesti il perché. Quali sono le motivazioni che spingono gran parte degli amanti del web e dei social network a ritrarsi in selfie con commenti forbiti e spesso accattivanti e maliziosi?
Viviamo in un era ammalata di esibizionismo e di affermazione della propria identità evidentemente compromessa da carenza di stima in se stessi e delle proprie capacità. Nell’era dell’”accelerazione delle emozioni” diventa prioritario seguire le tendenze in voga al momento e fare quello che fanno tutti gli altri per timore della riprovazione sociale, dell’esclusione, si esprime la necessità di affermazione della propria identità esponendosi in pubblico con immagini. Probabilmente considerare “la mania del selfie” una malattia mentale potrebbe risultare un po’ esagerato ma d’altronde fare troppi selfie pare celi delle insicurezze e un costante grande bisogno di ricevere conferme dagli altri. Ma lascio la parola agli esperti di psicologia che potrebbero valutare se dietro all’autoscatto eccessivo potrebbe nascondersi qualche problematica più o meno grave, di natura psicologica. Ciò su cui dobbiamo focalizzare l’attenzione é che la comunicazione dei social network e l’aumento dei selfie sono diventati parte integrante della vita quotidiana dei teenager.
I teenager di oggi i cosiddetti “Millennials” con data di nascita compresa tra il 1980 e il 2000, come scrive il Time rappresentano una generazione di narcisisti la cosiddetta: ^Me Me Me Generation^. Questi adolescenti dei tempi moderni sono appassionati di sensazioni forti dette sensation seeker (alla lettera: cercatore di sensazioni) si riferisce a un tipo di personalità in costante ricerca di sensazioni nuove e intense, unita alla disponibilità a correre rischi per ottenerle. Tali individui non cercano il rischio di per sé, esso è però una conseguenza del fatto che le sensazioni più forti possono essere sperimentate, spesso, solo in situazioni estreme. Ciò che il seeker non sopporta è la noia. È come se queste persone avessero una soglia della noia tarata su un livello molto basso, potendo restare solo un breve tempo senza attivarsi per scrollarsela di dosso. Sempre alla ricerca dell’ultima novità, dell’ultima release di vissuto inebriante, del modo migliore per ridurre la prevedibilità nella propria esistenza. Il seeker è insomma un impaziente.
Da ciò va da sé che due adolescenti su tre sono vittima di cyberbullismo e un teenager su quattro pubblica almeno un selfie al giorno e ben il 35% dei giovani ammette di aver fatto un selfie in condizioni di rischio, estreme, altamente pericolose, come alla guida dell’autovettura, del motorino o in bilico sul terrazzo di un grattacielo. Gli esperti dello studio delle condotte criminali certamente non sottovalutano che negli ultimi 5 anni sono aumentati vertiginosamente i furti di identità digitale sui social, la detenzione di materiale pedopornografico, il reato di stalking, il reato di diffamazione online, il reato di minacce e molestie, e di “sextortion”: una richiesta di denaro estorsiva con ricatto dopo l’invio di fotografie che ritraggono la vittima in pose osé.
Sono aumentate le vittime di cyberbullismo e le vittime quali minori di reati contro la persona (dai 14 ai 17 anni).
Strano ma vero, purtroppo molti utenti del web credono che tutte le azioni “apparentemente semplici e inoffensive” messe in atto nella rete, in particolare sui social network come inviare messaggi, postare foto, commenti, notizie o intrattenere relazioni virtuali, siano un gioco, una sorta di passatempo privo di ogni rilevanza giuridica ed emotiva, sottovalutandole erroneamente. I risultati tratti dalle statistiche sono davvero inquietanti e ciò deve sollecitare i professionisti addetti alla prevenzione dei reati in particolare di quei reati ai danni dei bambini e degli adolescenti a valutare, studiare e offrire alle famiglie e agli educatori spunti e riflessioni e sensibilizzazioni per arginare i fenomeni causati dall’utilizzo distorto della rete facendo rivalutare ai giovani la propria quotidianità rispetto alla vita virtuale.
Da tale modalità di prevenzione nasce l’idea di creare “progetti specifici” come “Cosa aspiri a diventare” per la prevenzione dei crimini violenti tra i giovani e delle condotte a rischio adolescenziali, nella sensibilizzazione a ridurre l’abuso di stupefacenti e di alcool, e in stretto collegamento in particolare alle ultime due dinamiche anche nella prevenzione degli incidenti stradali. Fermiconlemani é un’associazione di promozione sociale, formata da un team di professionisti, quali educatori dei minori, pedagogisti, psicologi, psicomotricisti, avvocati e criminologi che si impegna tra le attività nella valutazione e analisi delle sensation seeker coordinati tutti nell’impegno prioritario di diffondere un pensiero di rallentamento e controllo delle emozioni forti e di aumento di consapevolezza del sé e delle identità degli adolescenti. Se non è facile essere genitori ai tempi dei social media, certamente diventa complicatissimo ai tempi del COVID 19 e certamente non possiamo pensare che la soluzione sia eliminare i social dalla vita dei propri figli, risolvendo così il problema alla radice anche perché paradossalmente in questo delicato periodo rappresentano un contatto con il mondo “oltre le mura domestiche”. L’indicazione generale è che sarebbe sempre meglio ritardare il momento di collegamento dei bambini con la rete informatica e i social lasciarli vivere la loro infanzia slegati dalle tecnologie digitali: avranno una vita intera per vivere il web, e prima o poi arriverà il momento in cui non si potrà negare loro di aprire un profilo Facebook o Instagram. Quando quel giorno arriverà, sarà meglio che siano prepararti e ben consapevoli di cosa hanno di fronte.
Occorre, pertanto, un’adeguata informazione nella materia in questione, in primis con riferimento agli adulti: oltre a sensibilizzare i giovani all’uso corretto delle proprie immagini in rete, è altrettanto importante educare i genitori, che spesso creano identità digitali ai loro figli – totalmente inconsapevoli – senza preoccuparsi delle ripercussioni future di tale gesto. Ci si trova di fatto al cospetto di una vera e propria ‘nuova frontiera’ del Diritto di Famiglia. Diventa per questo fondamentale il sostegno dei genitori nell’accompagnare i figli in questo percorso, cercando di comprendere insieme a loro limiti e opportunità, rischi e pericoli, senza la paura di far emergere le criticità insite in questi nuovi media. I genitori sono chiamati a rispondere ad una delle sfide più importanti dei nostri tempi: educare i propri figli all’utilizzo dei nuovi media. Perché se, a volte, in questi luoghi virtuali, che sono oramai un’estensione delle nostre vite reali, “comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Riteniamo che la famiglia che si trovi ad affrontare l’educazione rappresentata anche dalla gestione di emozioni, affettività, sessualità, non possa essere lasciata sola nell’affrontare questioni delicate.
Avv. Tiziana Cecere, presidente “Fermi con le mani”
Dr.ssa Tamara De Luca, vicepresidente “Fermi con le mani”