In particolare Revenge Porn Pornografia non consensuale– Non Consensual Pornography (NCP).
Interessante approfondimento a cura della presidentessa Avv.ta Tiziana Cecere
La rapida e ampissima diffusione dell’uso dei social media, unitamente all’attuale tzunami di violenza nei confronti delle donne e delle ragazze ha fatto proliferare “la VAWG”: la violenza virtuale contro le donne e le ragazze che ha assunto a livello globale dimensioni mastodontiche producendo ripercussioni sia nei confronti delle vittime che nel substrato economico e sociale.
E’ stato rilevato, su scala mondiale, che una donna su dieci abbia già subito una forma di violenza virtuale, sin dall’età di 15 anni, nello spazio pubblico digitale che senza un utilizzo consapevole può divenire “un luogo pericoloso” .
Purtroppo, si tarda ancora a concettualizzare e a disciplinare in modo efficace e uniforme nell’Unione Europea (UE) la violenza virtuale contro le donne e le ragazze tanto che anche la ricerca condotta a livello nazionale negli Stati membri dell’UE è limitata. I dati della VAWG nell’UE sono scarsi e, di conseguenza, si sa molto poco sulla reale percentuale di vittime di violenza virtuale contro le donne e le ragazze e sulla portata dei danni poichè nella maggior parte degli Stati membri le forme di VAWG virtuale non sono considerate reato. I dati della polizia e della giustizia penale sul fenomeno sono irrisori e pur se negli Stati membri in cui le forme di VAWG virtuale costituiscono un reato, i dati raccolti mancano di organizzazione per sesso della vittima e autore del reato e del rapporto fra loro.
E’ interessante riportare i dati di un’indagine che ha coinvolto più di 9 000 utenti di Internet, di nazionalità tedesca, di età compresa tra 10 e 50 anni, da cui e’ emerso che le donne erano notevolmente più suscettibili e pativano situazioni piu’ traumatiche rispetto agli uomini nell’ essere vittime di molestie sessuali online e di comportamenti persecutori perpetrati attraverso mezzi informatici (cyberstalking).
Questo risultato è corroborato da un’indagine del 2014 condotta dal Pew Research Center negli Stati Uniti (le donne -in particolare le giovani della fascia di età di 18-24 anni) subiscono in misura sproporzionata diversi tipi di molestie virtuali, in particolare cyberstalking e molestie sessuali online.
Ad esempio, il cyberstalking perpetrato da un partner o un ex partner segue gli stessi modelli dello stalking off line ed è quindi una violenza perpetrata da un offender, facilitata dalla tecnologia, quale preludio spesso ad azioni criminali violente di persona.
Tale “continuita’ “ e’ stata confermata da uno studio britannico sul cyberstalking da cui e’ emerso che oltre la metà (54 %) dei casi di violenza on line era correlata a un primo incontro in una situazione reale.
Inoltre, i dati dell’indagine della FRA del 2014 mostrano che il 77 % delle donne che hanno subito molestie online hanno subito almeno una forma di violenza sessuale e/o fisica da un partner intimo, e 7 donne su 10 (70 %) che hanno subito cyberstalking sono anche state vittima di almeno una forma di violenza fisica e/o sessuale perpetrata da un offender conosciuto o ex partner.
Le forme di violenza virtuale contro le donne e le ragazze sono numerose ed e’ importante parlarne per conoscerle e poter mettere in atto tutte le azioni necessarie per prevenirle e per tutelare i propri diritti nel caso si assuma spiacevolmente la veste di vittime.
Il cyberstalking, pornografia non consensuale (o «pornografia della vendetta» o “revenge porn”), offese e molestie basate sul genere, stigmatizzazione a sfondo sessuale, pornografia indesiderata, estorsione sessuale, stupro e minacce di morte, ricerca e pubblicazione online di informazioni personali e private (doxing), e traffico di esseri umani perpetrato per via elettronica.
Non devono essere sottovalutate le varie forme di manifestazione e conseguenze della violenza nel cyberspazio, rispetto a quella off line, fra cui violenza sessuale, psicologica e violenza economica, in cui l’attuale o futura occupazione lavorativa della vittima è compromessa da informazioni pubblicate online.
Ci soffermiamo su una forma di violenza che finalmente in Italia dal 2019 e’ stata tipizzata in un reato: Revenge Porn Pornografia non consensuale – Non Consensual Pornography (NCP).
Tale forma di VAWG e’ conosciuta con il termine di revenge porn o sfruttamento online o «pornografia della vendetta», la pornografia non consensuale comporta la distribuzione online di fotografie o di video di sesso senza il consenso della persona ripresa.
La dinamica del revenge porn e’ piu’ diffuso di quanto possiamo immaginare.
Nel 2017, un’analisi del C.C.R.I. (Cyber Civil Rights Initiative) ha documentato che tra gli utenti di social media statunitensi uno su otto è stato vittima di revenge porn, prendendo in esame 3.044 individui.
L’8% è risultato vittima della pubblicazione non consensuale di materiali pornografici, denominata in breve “NCP”. E circa il 5,2% dei partecipanti ha ammesso di aver perpetrato la NCP. Inoltre, dallo studio è emerso che le donne hanno 1,7 volte più probabilità di essere vittime di NCP rispetto agli uomini.
Nel 2016, uno studio del “Data & Society Research Institute” ha rilevato che circa 10 milioni di americani sono stati vittime di NCP o sono stati minacciati di tale reato.
L’esecutore è spesso un ex partner che ottiene le immagini o i video nel corso di una precedente relazione, e mira a infamare e umiliare pubblicamente la vittima quale vendetta e ritorsione per la fine della relazione.
Comunque sia, gli offenders possono anche non essere partner o ex partner ma la motivazione alla base dei comportamenti criminali di questo reato e’ sempre la vendetta.
In alcuni casi, la persona offesa (uomo o donna) è vittima di violenza sessuale, spesso facilitata dalla droga da stupro che provoca, tra l’altro, ridotto senso del dolore, coinvolgimento nel disvoluto atto sessuale, effetti dissociativi e amnesia. Queste azioni criminali, ci duole riferirlo, sono diffuse anche tra i minori come la diffusa pratica del sexting, ovvero dell’invio di immagini intime come pratica di coppia: sovente tali immagini vengono diffuse a soggetti esterni alla coppia (il c.d. sexting secondario) andando a determinare situazioni dannose alle vittime analoghe a quelle prodotte dal revenge porn.
Le immagini possono essere ottenute anche memorizzando e utilizzando le foto dai profili dei social media o dal cellulare della vittima, e possono mirare a infliggere un danno nella vita «del mondo reale» delle persone offese (ad esempio facendoli licenziare dal lavoro).
Negli ultimi anni sono stati pubblicizzati diversi casi di donne vittime di vendetta pornografica non solo negli Stati membri dell’UE e negli Stati Uniti d’America, ma anche in Italia, le cui conseguenze sono state il suicidio delle vittime.
Infatti, solo in seguito al suicidio di Tiziana Cantone, nel nostro Paese, fu presentato un disegno di legge che mirava a introdurre l’art. 612-ter nel codice penale , “concernente il reato di diffusione di immagini e video sessualmente espliciti”.
Assistiamo ad un aumento di siti Internet dedicati alla condivisione della pornografia della vendetta, tramite cui gli utenti possono pubblicare immagini e informazioni personali quali indirizzo, datore di lavoro e collegamenti ai profili online della vittima.
L’utilizzo incontrollato dei social media ha prodotto anche un’orribile tendenza, quella della trasmissione dal vivo di atti di aggressione sessuale e stupro attraverso i social media tanto e’ vero che, nel 2017, purtroppo vi sono già stati due casi di grande risonanza pubblica, uno in Svezia e l’altro negli Stati Uniti d’America, di vittime il cui stupro è stato trasmesso in diretta online usando la funzione di Facebook.
In pochissimi paesi nel mondo quali Italia, Australia, Canada, Filippine, Giappone, Israele, Malta, Regno Uniti e alcuni stati degli U.S.A. esiste attualmente una legislazione specifica.
In Italia sono stati fatti dei grandi passi introducendo la fattispecie del revenge porn, l’articolo 612 ter del codice penale rubricato “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti” con l’entrata in vigore del “codice rosso” il 9.8.2019, ma certamente c’e’ molta strada da percorrere in merito alla prevenzione tra le più giovani.A livello europeo sarebbe determinante migliorare i dati disaggregati sulla diffusione e sui danni della violenza virtuale contro le donne e le ragazze, per poter sviluppare indicatori e per misurare l’efficacia degli interventi cosi’ da mettere in atto azioni condivise negli Stati Membri contro le numerose forme di criminalità virtuale basate sul genere in particolare l’adescamento o «reclutamento» online di donne e ragazze in situazioni dannose come il traffico di esseri umani.
Avv. Tiziana Cecere
Criminologa
Coach e Conselour Bioetica
Master in PNL Bioetica
Esperta in Crimini Violenti, Violenza on line e off line, Dinamiche Settarie, Satanismo
Ideatrice del Metodo “Rinascere Danzando” e del Progetto “Cassetta Help”
Consulente di parte per:
supporto in indagini difensive, ricostruzione criminodinamica degli eventi, preparazione interrogatori,
analisi della testimonianza, ricostruzione del fatto criminoso.
Presidente dell’A.P.S.-E.T.S. Fermiconlemani