Il Prof. Michele Colasuonno, nostro responsabile dell’area psicologica, psicologo e teologo, riflette sul senso profondo del pesante monito del Sommo Pontefice contro la dilagante spirale di violenza ai danni delle donne.
Ogni società ha bisogno di accogliere il dono della donna, di ogni donna: di rispettarla, custodirla, valorizzarla, sapendo che chi ferisce una sola donna profana Dio, nato da donna.
Come teologo ancor prima che come psicologo, e socio dell’associazione FERMICONLEMANI, le parole pronunciate da papa Francesco, nell’omelia del 1 gennaio 2024, solennità della madre di Dio, hanno lasciato un segno e un sapore amaro nel costatare che ancora oggi, nel 2024, in una società che si professa civilizzata, ci sia ancora bisogno di pronunciarli da parte di un papa (e da parte del presidente della repubblica Italiana, visto l’intervento anche da parte di Mattarella sullo stesso tema).
Ma le parole e parole del genere, sono semi, e come ogni seme ha bisogno di tempo per poter germogliare, in queste piccole considerazioni.
Sono due i punti, a mio avviso cruciali, dell’omelia, sulle quali vorrei porre l’attenzione, il primo:
“… Nella pienezza del tempo il Padre mandò il suo Figlio nato da donna; ma il testo di San Paolo aggiunge un secondo invio: «Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: “Abbà! Padre!”» (Gal 4,6). E anche nell’invio dello Spirito la Madre è protagonista: lo Spirito Santo comincia a posarsi su di lei nell’Annunciazione (cfr Lc 1,35), poi agli inizi della Chiesa discende sugli Apostoli riuniti in preghiera «con Maria, la Madre» (At 1,14). Così l’accoglienza di Maria ci ha portato i doni più grandi: lei ha «reso nostro fratello il Signore della maestà» (Tommaso da Celano, Vita seconda, CL, 198: FF 786) e ha permesso allo Spirito di gridare nei nostri cuori: “Abbà, Papà!”. La maternità di Maria è la via per incontrare la tenerezza paterna di Dio, la via più vicina, più diretta, più facile. Questo è lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza. La Madre, infatti, ci conduce all’inizio e al cuore della fede, che non è una teoria o un impegno, ma un dono immenso, che ci fa figli amati, dimore dell’amore del Padre. Perciò accogliere nella propria vita la Madre non è una scelta di devozione, ma è un’esigenza di fede: «Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani» (S. Paolo VI, Omelia a Cagliari, 24 aprile 1970), cioè figli di Maria.”
Sè è vero che Grazie a Maria ci è stato permesso di essere Figli di Dio, e chiamare Dio Padre, ed essere Fratelli del Dio Figlio Gesù, è vero che ogni uomo deve ringraziare incessantemente una donna per la vita, è vero che per la generazione della vita abbiamo bisogno di un uomo e di una donna, ma la donna mamma permette il miracolo della vita, da due cellule, curate, custodite, coccolate, abbiamo la vita di ogni persona, abbiamo il miracolo davanti al quale lo stesso Creatore esclama “È cosa molto buona, è cosa meravigliosa” Gen. 1,31. È la donna mamma che per prima ci avvolge nelle sue braccia amorose, e che ci dona all’uomo padre perché il miracolo della crescita possa continuare come sottolinea Jacques Lacan.
Secondo:
“Di Maria la Chiesa ha bisogno per riscoprire il proprio volto femminile: per assomigliare maggiormente a lei che, donna, Vergine e Madre, ne rappresenta il modello e la figura perfetta (cfr Lumen gentium, 63); per fare spazio alle donne ed essere generativa attraverso una pastorale fatta di cura e di sollecitudine, di pazienza e di coraggio materno. Ma anche il mondo ha bisogno di guardare alle madri e alle donne per trovare la pace, per uscire dalle spirali della violenza e dell’odio, e tornare ad avere sguardi umani e cuori che vedono. E ogni società ha bisogno di accogliere il dono della donna, di ogni donna: di rispettarla, custodirla, valorizzarla, sapendo che chi ferisce una sola donna profana Dio, nato da donna.”
Trovo poetiche e profetiche queste parole, urgenti come ogni respiro, dolci come il miele ma taglienti come una lama, sì abbiamo bisogno di riscoprire in ognuno di noi il volto femminile, quel femminile che più e prima di ogni altro femminile può spaventare in un mondo dove vince il più forte e mette fuori con le unghie e con i denti la forza e la violenza, più che l’accoglienza e la pazienza. William Sloane Coffin scrive: “La donna che più deve essere liberata è la donna che vive in ogni uomo”.
Jung definisce l’animus come il lato maschile di una donna, e l’anima come il lato femminile di un uomo proiettati inconsciamente sulle persone dell’altro sesso, passaggio essenziale per riconoscere e conoscersi il proprio e l’altrui valore, in fondo la prima vittima del carnefice spessissimo è il carnefice stesso con le sue paure e le proprie zone d’ombra.
Concludo con un passo del Talmud che ben sintetizza quanto detto fin ora, e amplia all’infinito del respiro della Sapienza:
“La donna è uscita dalla costola dell’uomo,
non dai piedi perchè dovesse essere calpestata (sottomessa),
né dalla testa per essere superiore (per dominarlo),
ma dal fianco per essere uguale (al suo fianco).
un po’ più in basso del braccio per essere protetta
e dal lato del cuore per essere amata.”
Michele Colasuonno