CONFERENZA

UOMINI A DIFESA DELLE DONNE: SPORT TRA PREVENZIONE E SICUREZZA DELLE ATLETE

27 MAGGIO 2021 DALLE ORE 18:00

IN DIRETTA STREAMING E SU DIGITALE TERRESTRE

MEDITERRANEA TV 

CANALI 214 E 698 PUGLIA E 623 BASILICATA  E  PIATTAFORMA MONDIALE NCG TELEVISION

Il mondo dello sport fornisce attivamente supporto alle iniziative di prevenzione della violenza nello sport sia a livello nazionale che internazionale.

La questione della sicurezza nello sport, in particolare nei confronti delle donne atlete è un problema estremamente sentito nell’ultimo decennio che resta di attualità anche alla luce di recenti casi di discriminazione, violenza e razzismo.

Fermiconlemani intende analizzare il fenomeno anche alla luce delle nuove partnership sottoscritte con diverse associazioni sportive perche’ la cooperazione e l’azione sono le vere e prime forme di prevenzione.

C’e’ da dire che la donnanello sport è stata vista, per molto tempo come “un pesce fuor d’acqua” poiche’ inizialmente si e’ dovuta confrontare con l’indiscussa leadership maschile e poiche’ per stereotipi di genere l’immagine della donna doveva ricalcare quella della “chioccia” dedita alla famiglia.

Fortunatamente si e’ avviata un’evoluzione positiva di riconoscimento del ruolo e alle Olimpiadi di Londra del 2012 c’e’ stata la rappresentanza, per la prima volta nella storia, di un numero uguale di sport per le donne e per gli uomini.

Eppure le atlete nonostante i miglioramenti nell’uguaglianza di genere devono affrontano ancora numerosi ostacoli legati spesso alle molestie sessuali e alla violenza.

Insieme a referenti di note associazioni sportive nonche’ di professionisti esperti del settore analizzeremo, durante l’incontro introdotto e moderato dal Presidente di Fermiconlemani Avv. Tiziana Cecere, IN DIRETTA STREAMING E SU DIGITALE TERRESTRE MEDITERRANEA TV  ,CANALI 214 E 698 PUGLIA E 623 BASILICATA  E  PIATTAFORMA MONDIALE NCG TELEVISION, i seguenti temi: le cause della violenza sulle donne in ambito sportivo, il supporto necessario degli uomini nelle attivita’ a difesa delle donne e nei progetti di prevenzione, l’importanza di avvicinare e impegnare i piu’ giovani allo sport inteso come un ambiente identificato “sano” per principio ove e’ possibile seminare germogli di legalita’ e rispetto per il gruppo di pari.

Gli esperti ospiti evidenzieranno le riforme e le disposizioni normative in materia di leadership femminile nello sport e di uguaglianza di genere nelle diverse discipline sportive in particolare nel Krav Maga e nella Pallavolo per lanciare un messaggio positivo di costruzione fortificando il mondo dello sport quale “amico” delle donne nel quale gli uomini collaborano per la difesa dei diritti delle atlete.

Il team work di Fermiconlemani e’ onorato per le adesioni e ringrazia la Federazione Nazionale e del distretto Puglia di Krav Maga , l’Associazione Amatori Volley Bari, l’Associazione Italiana Pallavolisti e gli illustri relatori : Avvocata Manuela Magistro, esperta in diritto sportivo, Direttore Sportivo Amatori Volley Bari, la Dott.ssa Alessia Lanzini, Vice Presidente Associazione Italiana Pallavolisti, Dott Domenico Taddei, Responsabile Nazionale e Docente Federazione FIKM, Dott. Francesco Numo, Dirigente Nazionale FIKM , criminologo esperto in psichiatria forense, Dott. Domenico De Giglio, Responsabile Sviluppo e Promozione FIKM

Avv. Tiziana I. CECERE Presidente di Fermiconlemani,

criminologa esperta in crimini violenti ed interventi di progettualita’ sociale

“CHILD MOLESTER “Scopriamo insieme chi sia e quali siano le conseguenze traumatiche dopo un abuso sessuale su un minore.

Il “child molester”, dall’inglese “colui che abusa di bambini”, è un individuo che agisce abuso sessuale nei confronti di soggetti minori.

In questa categoria rientra quindi: il coinvolgimento dei bambini in attività sessuali – anche semplicemente chiedendole o facendo pressioni di questo genere –, l’esposizione indecente dei genitali, lo sfruttamento sessuale dei minori e l’utilizzo del bambino per produrre materiale pornografico.

Secondo la letteratura, gli abusi sui minori possono verificarsi in diversi contesti, nello specifico quelli in cui la presenza dei bambini è abitudine, ad esempio le scuole o le abitazioni private.

Molti, e gravi, sono gli effetti psicologici nella mente delle vittime, che possono includere depressione, disturbo post-traumatico da stress, ansia, bassa autostima, autolesionismo, propensione alla vittimizzazione in età adulta o alle dipendenze (es. alcolismo o uso di droghe), senza considerare anche le lesioni di natura fisica. Uno studio finanziato dal National Institute of Drug Abuse degli Stati Uniti, ha rilevato che “tra più di 1.400 donne adulte, l’abuso sessuale infantile era associato a una maggiore probabilità di tossicodipendenza, dipendenza da alcol e disturbi psichiatrici”. Molti bambini possono mostrare anche comportamenti regressivi, ad esempio succhiare il pollice o fare pipì a letto. Se consideriamo le forme d’incesto, quindi se l’abusante è un membro della stessa famiglia, i traumi psicologici possono considerarsi ancora più gravi e a lungo termine.

Infatti, secondo le ricerche, il 30% dei child molester sono parenti delle vittime, il più delle volte fratelli, padri, zii o cugini. Circa il 60% sono conoscenti (es. babysitter o vicini di casa) e solo il 10% sono estranei. Sempre analizzando gli studi, la maggior parte degli abusi sessuali sui minori è commessa da uomini, mentre una piccola parte (14%) da donne.

Inoltre, menzione d’obbligo va fatta sui matrimoni precoci: secondo l’UNICEF, il matrimonio precoce rappresenterebbe infatti “la forma più diffusa di abuso sessuale e sfruttamento delle ragazze“.

Nel parlato comune, il termine “pedofilo” viene comunemente associato a questo tipo di abusi ma in maniera errata. I crimini sessuali su minori non rientrano infatti nella pedofilia, a meno che il reo non abbia uno specifico e parafilico interesse sessuale per i bambini in età prepuberale.

Holmes&Holmes (2002) suddividono così gli autori di reato:

  • Situazionale: non preferisce i bambini, ma agisce l’abuso solo a determinate condizioni;
  • Regressivo: in genere ha relazioni con gli adulti, ma un fattore di stress lo induce a cercare i bambini come sostituti;
  • Moralmente indiscriminato: deviante sessuale a tutto tondo, che può commettere altri reati sessuali estranei ai bambini;
  • Ingenuo/inadeguato: spesso caratterizzato da patologie mentali che gli provocano disabilità, percepisce i bambini meno minacciosi e quindi più adatti a esperienze sessuali;
  • Preferenziale: ha un vero interesse sessuale nei bambini:
  • Sadico: reo violento;
  • Fissato: ha poca o nessuna attività sessuale con individui della propria età, descritto come un “bambino troppo cresciuto“.

Da un punto di vista psicoterapeutico, è assolutamente necessario agire immediatamente sulle vittime, subito dopo l’abuso subito.

Il bambino/bambina ha subitaneamente bisogno di essere preso in carico, iniziando un trattamento terapeutico per rielaborare il trauma. Il rischio maggiore, infatti, è che i sintomi psicologici possano acuirsi e durare nel tempo soprattutto se, nella peggiore delle situazioni, le persone con le quali si confida (es. un parente) negano il problema o incolpano addirittura il bambino dell’accaduto.

La prevenzione, inoltre, ricopre un ruolo fondamentale: attività nelle scuole, nei centri d’ascolto, nelle famiglie, sono fondamentali per diffondere informazione e formazione, in primis ai genitori, ma anche agli insegnanti e agli addetti ai lavori (psicologi, medici, personale sanitario, membri delle forze dell’ordine).

È ormai caduta l’antica convinzione che ai bambini non si possa parlare di sesso: è invece necessario, utilizzando i giusti modi e le giuste modalità comunicative, diffondere una sana informazione, così da aiutarli anche a distinguere i pericoli nel loro ambiente, familiare o scolastico, e approcciarsi, nel futuro, alla loro vita sessuale nel migliore dei modi.

Ai genitori, invece, è assolutamente rivolto il prezioso messaggio di avere il coraggio di denunciare, anche i parenti o gli amici più stretti, senza negare o sminuire il problema. Il benessere del proprio figlio è sicuramente più importante del “giudizio esterno” o di qualsiasi altro limite autoimposto dalla famiglia.

Dr. Marco Magliozzi, psicologo, psicoterapeuta, criminologo,

Fondatore e Responsabile Area Psicologica di Fermiconlemani

Organizzazioni criminali: quale ruolo hanno le donne?

Lo scorso 5 marzo abbiamo organizzato un’iniziativa online dal titolo “La conferenza donne al potere: ruolo delle donne all’interno delle organizzazioni criminali”, con l’obiettivo di analizzare con addetti ai lavori lo stato dell’arte sulla condizione femminile in contesti criminosi.

Durante la conferenza sono intervenuti relatori di pregio: il Prof. Matteo Villanova, Dirett. Osservatorio Laboratorio Tutela Rispetto Emozionale Eta’ Evolutiva, Docente Universitario “ROMA 3” -Roma; la Prof.ssa Maria Antonella Pasculli, PhD Criminal law and Organized crime, Docente di criminologia Univ. “Aldo Moro”- Bari, socia A.D.G.I. Sez. Bari, l’Avv. Michele Laforgia, Avvocato penalista, Partner di Polis Avvocati S.T.A. Coop; il Dott. Francesco Mura Giornalista, Scrittore, Direttore trasmissione tv e rivista “Delitti e Misteri”; l’Avv. Guglielmo Starace, Presidente Camera Penale di Bari.

Il Presidente di fermiconlemani, Tiziana Cecere, ha introdotto e moderato la tavola rotonda: “Abbiamo avuto importantissima opportunità, quale di affiancare agli interventi dei professionisti, la emozionante testimonianza dell’On. Piera Aiello raccolta dalla Dott.ssa Ivana Ancona, psicologa clinica e della salute, socia di Fermiconlemani”.

L’On.le Piera Aiello nel 1985 aveva diciotto anni e fu costretta a sposare Nicola Atria, figlio del mafioso partannese Vito Atria. Vito Atria fu ucciso nove giorni dopo mentre il figlio Nicola Atria fu poi ucciso il 24 giugno 1991, in presenza sua e della figlia di tre anni. A seguito di quest’evento, Piera Aiello decise di denunciare i due assassini del marito e iniziò a collaborare con la polizia e la magistratura, unitamente alla cognata Rita Atria, con il giudice Paolo Borsellino. Da allora ha vissuto con un’altra identità, fino alle elezioni del 2018. Il Presidente di Fermiconlemani : “Il racconto dell’ esperienza personale di Piera Aiello, ha  proposto un momento di confronto per riflettere sul ruolo della donna nelle organizzazioni mafiose, tema di grande attualità e rilevanza, specie alla luce delle trasformazioni che si sono recentemente registrate nel “sistema di genere” all’interno della criminalitaàorganizzata“.

Gli studi dedicati al ruolo della donna nella mafia accompagnati da esempi di storie vere ci rivela come la condizione delle donne all’interno del sistema mafioso oscilli tra complicità, responsabilità e vittimizzazione intesa come subordinazione e sfruttamento. Fermiconlemani vuole offrire una nuova direzione da intraprendere con il progetto “IMPARA A DIRE NO” che ingloba attività teoriche e di sensibilizzazione ad attività pratiche di assistenza e recupero sociale rivolto alle donne che vogliono affrancarsi dai contesti mafiosi.

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Manipolazione mentale: intervista a Lorita Tinelli

Cosa si intende e come si applica la manipolazione mentale? Soprattutto, rivolta alle donne che in questo momento storico stanno sopportando il peso maggiore. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Lorita Tinelli, psicologa, criminologa ed autrice di diverse pubblicazioni.

Quando si parla di donne al tempo del covid viene in mente la super eroina Wonder Woman. Si, perché nell’ultimo anno sulle donne è andato il peso maggiore di questa situazione, si sono occupate dell’impeccabile ordine e igiene della casa, hanno accudito figli e mariti, hanno svolto le mansioni di docenti scolastiche e hanno dovuto lavorare in smart working. Insomma, le donne ai tempi del COVID 19 sono state davvero messe a dura prova e purtroppo moltissime hanno deciso di abbandonare il lavoro. Appunto parlando di smart working si è dato quasi per scontato che far conciliare la gestione della famiglia e del lavoro fossero problemi solo delle donne in particolare mamme. Ciò non crea più di tanto sgomento evidentemente poiché pare che il 27% delle donne lasci il lavoro dopo la nascita del primo figlio.

Da dati raccolti da Agenda 2030 Asvis : in Europa la percentuale di donne inattive a causa di impegni di cura familiari ha raggiunto il 31%, con un peggioramento negli ultimi dieci anni.

Se l’associare la cura dei figli e della casa debbano essere attribuite secondo l’opinione ricorrente, per predisposizione naturale alle donne: tale affermazione da un punto di vista dell’evoluzione della vita familiare, ci farebbe fare un salto indietro di almeno cinquant’anni. Eppure dal 2011 al 2017, ben 165.562 donne hanno lasciato il lavoro specialmente per le difficoltà di gestire lavoro e bambini in tenera età. Purtroppo il trend è ancora in aumento: erano 17.175 nel 2011 e nel 2017 sono salite a 30.672. In Italia i dati dell’Ispettorato del Lavoro su base nazionale relativi al 2017 riportano che : Tre su quattro donne che hanno lasciato il lavoro  il 77 per cento del totale sono mamme. Eppure gli esempi da altri paesi europei sono diversi, infatti nei paesi dove le donne lavorano di più, come Francia e paesi nordici, nascono anche più bambini. Paradossale pensare che in Italia per radice culturale e sociale esista ancora uno sbilanciamento uomo/donna tra la distribuzione dei compiti uomo/donna all’interno della famiglia. Basti sapere che il 51/% degli italiani ritenga che le donne debbano occuparsi dei figli e della casa e ciò fa si che praticamente gli uomini nel lavoro procedano più veloci rispetto alle donne. Gli economisti delle università di Cambridge, Oxford e Zurigo  hanno estrapolato una statistica: sia le madri lavoratrici che quelle disoccupate impegnano circa sei ore a fornire assistenza all’infanzia e istruzione ogni giorno, invece gli uomini valutati come padri medi trascorrano a casa poco più di quattro ore nel fare la stessa attività.

Tale abisso nel divario di genere è stato rafforzato durante la pandemia diventando più frequente e quasi normale nelle famiglie con reddito alto, dove solitamente si preferisca che sia l’uomo a lavorare poiché maggiormente retribuito. Tale atteggiamento agli occhi di molti e soprattutto degli esperti di fenomeni sociali ha dato impulso all’osservazione del fenomeno e alla sua tracciabilità sotto il profilo storico partendo da dati statistici certamente collegati al più noto negozio giuridico : il matrimonio. Da una raccolta dati dell’ISTAT nel 2015 si sono celebrati 194.377 i matrimoni celebrati, un’impennata rispetto al periodo di riferimento dell’anno 2008 che è stata mantenuta anche nel 2016 nel 2017. Risulta che in Italia le donne nonostante raggiungano in tempi brevi la laurea e in misura maggiore degli uomini, gran parte delle stesse ambisca al matrimonio come tappa della vita “quasi obbligatoria” e ad un certo punto come si suol dire “richiedono l’anello mancante” dimenticando tutti i sacrifici fatti in passato nello studio e nel lavoro e, a volte, mettendo da parte loro stesse. Da quanto suddetto ci chiediamo come mai ad un certo punto della loro vita le donne legate sentimentalmente ad un uomo poco prima del matrimonio o durante “mollano” il lavoro.

Dobbiamo pensare che nel 2020 per gran parte delle donne sia impossibile far combaciare una vita professionalmente appagante, l’ambizione e la carriera con la gestione della famiglia o anche semplicemente con il desiderio di farsela? Negli ultimi mesi molte donne sembra siano state obbligate a fare una scelta: a causa dell’emergenza CODIV 19 le donne madri, mogli e lavoratrici non c’é l’hanno fatta da sole a gestire tutto e hanno abbandonato la carriera. Allora occorre affrontare l’argomento per dare una spiegazione convincente e per capire se dietro tali modus operandi si celino scelte personali o imposizioni. Tutti sia uomini che donne siamo alla ricerca dello stato di benessere e felicità nelle diverse aree della nostra vita, soddisfacendo i nostri bisogni emotivi, psicologici e mentali più profondi ma sarebbe utile comprendere nelle relazioni di coppia il rispettivo approccio della grande maggioranza degli uomini e delle donne in relazione al condizionamento dei pensieri sociali, storici e dei retaggi culturali ancora esistenti. E’ demotivante pensare che dopo tante lotte messe in atto da movimenti a tutela delle donne per acquisire diritti nella società e spazi negli ambiti professionali i concetti di libertà ed indipendenza non siano poi del tutto veri.

Sicuramente la scelta di molte donne dai 30 ai 40 anni che abbandonano una carriera anche spesso importante e soddisfacente conquistata con sacrifici per dedicarsi esclusivamente alla famiglia senza un motivo concreto visibilmente (es. senza parenti anziani da accudire, senza lutti da metabolizzare,  senza particolari problemi personali da affrontare…) desta moltissime perplessità agli occhi degli esperti poiché per l’opinione pubblica accudire i figli e gestire la casa non è considerato un lavoro produttivo però lo è ed entra nel calcolo del PIL se tale lavoro viene espletato da una baby sitter o da una colf. Tale fenomeno apre la breccia a numerosi interrogativi che meritano risposte soddisfacenti e anche ad analisi sotto un profilo sociale, psicologico, criminologico, economico e storico da parte di esperti considerando che nelle relazioni di coppia il rapporto sovente non è paritario ed equilibrato. Dunque le ragioni culturali e di educazione secondo il ruolo di genere nel nostro paese pongono l’uomo nella posizione di essere ammirato dalla propria compagna, concentrandosi sulle ambizioni e sulle performance lavorative solo sotto il profilo maschile. Può essere che le donne patiscano tali condizionamenti in un contesto sociale ove ancora alle donne è richiesto il ruolo di donne compassionevoli bisognose di appoggio e protezione e che vengano spesso influenzate dall’uomo nella scelta della loro vita professionale e privata perché orientate a pensare : “quanto è bello e bravo e capace l’uomo sottostimando il loro valore e la loro intelligenza di donne.

Abbiamo voluto approfondire il tema sotto un profilo più specificatamente psicologico legato anche alla manipolazione mentale che molte donne subiscono, chiedendo un parere alla Dr.ssa Lorita Tinelli, psicologa ad indirizzo clinico, criminologa, studiosa delle dinamiche di manipolazione mentale e autrice di diversi libri e articoli sull’argomento, fondatrice del C.E.S.A.P. Centro Studi Abusi Psicologici.

Chiediamo alla Dr. Lorita Tinelli:

D:“quali sono le tipologie di donne più inclini a subire il condizionamento psicologico dell’uomo, nelle relazioni di coppia?”

R: Dacia Maraini nella prefazione del testo della psicoterapeuta Robin Norwood “Donne che amano troppo”, nell’edizione economica della Feltrinelli, esprime una lucida considerazione sulle motivazioni che spingono una donna a vivere una relazione “alterata” dal punto di vista affettivo. Una favola tormentata, basata sulla negazione e sul controllo, piuttosto che sull’accettazione.

La Maraini sostiene che le donne, per ragioni storiche, sono più portate a “pensare male di sé”. E’ stato loro insegnato che sono deboli, dipendenti per natura, paurose, fragili, bisognose di protezione e di guida. Alcuni di questi insegnamenti, per quanto superati, sono entrati a far parte dell’inconscio femminile. Tuttavia, quello che maggiormente influenza negativamente le relazioni sentimentali, compromettendole, sono le esperienze di attaccamento con una famiglia disfunzionale, dove nessuno si è curato dei bisogni emotivi dell’altro. Il mancato vissuto di un affetto autentico trasforma la donna in una dispensatrice di amore e cura da riversare a coloro che sembrano in uno stato di bisogno, relegandola nel ruolo di “crocerossina”. Inoltre, la paura dell’abbandono le farà fare qualsiasi cosa per impedire che quella relazione possa finire, anche quella di aspettare, sperare, continuare di sforzarsi di piacere, assumersi più del 50% delle responsabilità, colpe e biasimo della relazione ed anche a rinunciare a qualsiasi tipo di autonomia.

In queste donne l’autostima è talmente bassa da far credere di non meritare di essere felici e realizzate, ma che piuttosto bisogna guadagnarsi il tutto, sempre, anche con delle rinunce.

Tutto questo porta inevitabilmente a vivere dinamiche di violenza psicologica e fisica

D:“quali sono i meccanismi che alcuni uomini mettono in atto nella relazione amorosa per convincere la donna di non aver valore e di non essere in grado di gestire la famiglia e il lavoro?”

R: Le tecniche di condizionamento vengono praticate con mezzi materiali o psicologici e sono finalizzate a porre la vittima in uno stato di soggezione che escluda o limiti la sua libertà di autodeterminazione. Possono essere usate pressioni psicologiche, come minacce, suggestioni, indottrinamenti, ma anche induzioni di sensi di colpa. La colpa è una delle motivazioni principali per le quali le donne accennano relazioni disfunzionali con uomini altrettanto patologici. Ma anche l’isolamento. Essa è una modalità molto utilizzata che consiste nel far interrompere o raffreddare tutti i contatti sociali e affettivi della vittima, in modo che essa sia sempre più vulnerabile e senza possibilità di aiuto.

Tutto questo indebolisce, giorno dopo giorno, la vittima, distruggendone completamente l’autostima e rendendola sempre più dipendente dalla relazione.

 D.“si possono inquadrare in caratteristiche particolari sotto un profilo psicologico gli uomini che mettono in atto tali comportamenti?”

R: Il manipolatore affettivo è una persona centrata su se stessa e sui suoi bisogni, che mette in atto una serie di strategie per mantenere il controllo del suo territorio e della sua preda. Comunica con le sue vittime in maniera confusa e ambivalente, spesso sarcastica e allusiva. Ma è anche capace di momenti di love bombing. Il tutto confonde la vittima che attiva inevitabilmente tutta una serie di risposte volute dal manipolatore, tali da diventarne dipendente.

D.“le tecniche di manipolazione mentale in cosa consistono e in queste può rientrare anche il  “mansplaining ?”

R: “le tecniche di manipolazione si prefiggono di rendere acquiesciente una vittima e farla rientrare in un rapporto di dipendenza, dove il carnefice ha il controllo di tutto. Alcune delle tecniche più comuni, già citate in queste pagine sono il love bombing, l’induzione di sensi di colpa e l’isolamento. Altre riguardano il controllo delle informazioni cui può accedere la vittima, una incessante ripetizione di concetti e regole da seguire, ricompense e punizioni rispetto a comportamenti accettati o meno dal carnefice. Il mansplaining, termine coniato dalla scrittrice Rebecca Solnit, indica un atteggiamento ‘paternalistico’ che spesso gli uomini utilizzano per spiegare alle donne cose che ormai loro sanno. Esso di sicuro è un rafforzativo della dinamica manipolatoria agita, in cui vengono maggiormente definiti i differenti poteri delle parti in gioco”.

La Dr.Lorita Tinelli ha offerto un prezioso contributo in questo articolo e con la sua partecipazione alla Conferenza Webinar “Sceglie Me o il Lavoro-Le donne che barattano il lavoro con l’amore- Tecniche di Manipolazione Mentale”, tenutasi il 4/6/2020 , alle ore 18:30, sulla pagina dell’A.P.S. Fermiconlemani, insieme alla scrivente Avv. Tiziana Cecere (Pres. Di Fermiconlemani), all’Avv. Giuseppina Di Nubila (Giudice di Pace presso il foro di Bari), l’Avv. Feliciana Bitetto (Pres. A.D.G.I. Associazione Donne Giuriste Italiane di Bari) durante il cui incontro è stato analizzato approfonditamente il fenomeno segnalato in questo articolo in una prospettiva di controllo delle relazioni tossiche e disfunzionali per prevenire i crimini violenti nelle coppie e nelle famiglie.

Ogni volta che una donna lotta per se stessa, lotta per tutte le donne . “(Maya  Angelou)

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