Ragazzi col “virus” della violenza.
La presidentessa, Avv.ta Tiziana Cecere, e il nostro socio, Prof. Pierfrancesco Impedovo, riflettono su un tema cruciale del nostro tempo: la violenza giovanile.
Gesti come quello a cui si è assistito sul palco dell’Ariston qualche giorno fa mettono in atto un rituale primitivo che spinge alla caccia di capri espiatori o vittime; qualcuno vorrebbe liquidarlo circoscrivendolo ad una sorta di improvvisa reazione post-pandemia.
Questa ipotesi è solo un modo per tentare di scaricare le responsabilità di un disagio giovanile che è esploso sì con il Covid, ma che già covava da anni, tantissimi anni e senza che nessuno se ne occupasse.
Non solo bullismo e cyberbullismo. Quella che comunemente chiamiamo violenza giovanile può assumere tante altre forme, prendendo di volta in volta le sembianze dello stupro, dello stalking, dell’autolesionismo o di quella che diffusamente viene definita come “revenge porn”, ovvero la condivisione pubblica non autorizzata di immagini e video intimi tramite Internet per vendetta.
Ad essere coinvolti un esercito di adolescenti che sempre di più mettono in atto comportamenti aggressivi a scuola, in famiglia, in gruppo e addirittura in coppia, senza avere spesso la consapevolezza della gravità delle loro azioni.
Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, 2 adolescenti su 50 hanno subìto aggressioni fisiche dal proprio partner già a partire dai 14–15 anni, 1 adolescente su 10 ha paura della persona che ha a fianco e 3 ragazzi su 50 si sentono incastrati nella propria relazione sentimentale perché vittime di minacce.
Una pletora di violenti, figli di un’assenza di pilastri educativi, di modelli autorevoli, figli del conflitto, della disgregazione familiare, scolastica e sociale.
Giovani che ritengono il loro comportamento un banale gioco e un momento di divertimento, senza conoscere il rispetto per se stessi e gli altri.
Il problema è che, la maggior parte delle volte, la violenza è nascosta dietro un’apparente normalità ed è per questo che diventa così difficile comprendere il senso del suo dilagare fin dalla più giovane età.
C’è poi un’altra faccia, poco attenzionata, della violenza che riguarda quasi esclusivamente le giovani generazioni: l’autolesionismo.
In Italia, nonostante sia un fenomeno molto diffuso, non si vuole parlare di autolesionismo e non si fa prevenzione e questo porta i ragazzi ad aver paura del confronto, a nascondersi nei rifugi virtuali, nei social e nei gruppi pro-autolesionismo.
I ragazzi che arrivano ad avere comportamenti autolesivi lo fanno perché ne hanno bisogno, perché sentono un impulso irrefrenabile che non sanno controllare, una sofferenza interna che non sono in grado di gestire, che li invade e che devono scaricare sul corpo. È proprio il corpo, infatti, che racconta il loro dolore interno; ogni segno e ogni cicatrice rappresenta una ferita aperta, racchiude un’emozione che ha preso il sopravvento e che li ha schiacciati da un punto di vista psicologico, rappresenta l’unico modo per loro di esprimere una sofferenza altrimenti indicibile.
É riduttivo pensare che chi mette in atto questi comportamenti in maniera sistematica lo faccia per attirare l’attenzione. Questi ragazzi vivono in profondo conflitto, con la paura di non essere compresi e di essere scoperti, si sentono stigmatizzati ed emarginati dalle famiglie, dalla scuola e dalla società.
La nostra pluriennale esperienza nella prevenzione e nel contrasto ad ogni forma di violenza ci insegna che se vogliamo davvero combattere questa piaga, specie fra le giovani generazioni, dobbiamo spogliare vittime e carnefici dei loro ruoli, ridare loro dignità, la possibilità di scegliere, di affrontare se stessi e il mondo circostante senza paura.
Sempre più adolescenti crescono e vivono in un contesto sociale che usa il linguaggio della violenza a tutti i livelli, dove non si tende al confronto ma allo scontro.
Se si continuano a sottovalutare questi fenomeni, metteremo sempre i cerotti mentre si dovrebbe affrontare il problema sul nascere, a partire dalle scuole primarie, lavorando realmente sulla prevenzione.
Per questo Fermiconlemani costantemente promuove all’interno degli istituti scolastici di ogni ordine e grado una serie di eventi volti alla prevenzione della fenomenologia violenta online e offline, con la specifica finalità di valorizzare il ruolo dell’istruzione nel favorire il rispetto reciproco.
La sfida del nostro tempo è quella di rafforzare e ricostruire alleanze educative, allargare le reti di collaborazione tra le istituzioni scolastiche, enti locali e terzo settore, con tutte le associazioni che operano sul territorio. Questo è lo strumento per potenziare l’offerta educativa dalla più tenera età fino a quella adulta, sostenere le famiglie, combattere i fenomeni di devianza, per ricucire il tessuto sociale, rimettendo al centro la persona, garantendo inclusione e crescita.
Non sarà facile ma è tempo di aprire la via della prevenzione, se vogliamo davvero contrastare la violenza.
Fermiconlemani C’è!